Tendine d’Achille e allenamenti intensi: i rischi da evitare

Chi pratica sport con costanza sa bene che l’allenamento, pur essendo una parte imprescindibile dell’attività sportiva, deve essere gestito correttamente: da una parte migliora la forma fisica e la performance, dall’altra, se condotto senza equilibrio, può esporre a infortuni anche seri.
Il tendine d’Achille è tra i tendini più sollecitati ma, allo stesso tempo, è anche uno dei più a rischio. Si trova nella parte posteriore della gamba e collega i muscoli del polpaccio al calcagno: ogni volta che camminiamo, corriamo, saltiamo viene messo viene messo in attività.
Quando i carichi sono intensi e ripetuti, il tendine d’Achille può andare incontro a usura, infiammazioni e, nei casi peggiori, rottura. E non si tratta solo di atleti professionisti: basta aumentare troppo in fretta il volume degli allenamenti, trascurare il recupero o ignorare un dolore ricorrente per esporsi a rischi evitabili.
Cos’è il tendine d’Achille e perché è così vulnerabile
Il tendine d’Achille è il più robusto del corpo umano, ma anche uno dei più soggetti a traumi. Collega i muscoli gastrocnemio e soleo, che si trovano nella parte posteriore della gamba, al calcagno e consente il movimento di flessione plantare del piede. Nonostante la sua resistenza, la sua posizione e la funzione che svolge lo rendono particolarmente esposto al rischio di sovraccarico.
A ogni passo, soprattutto durante la corsa, il tendine d’Achille assorbe forze che possono superare di diverse volte il peso corporeo. Se l’elasticità muscolare è ridotta, se le calzature sono inadeguate o se il gesto atletico è scorretto, queste forze si scaricano in modo disarmonico sul tendine, aumentando il rischio di microlesioni. Inoltre, la vascolarizzazione di questa struttura è relativamente scarsa, il che significa che la capacità di riparazione è più lenta rispetto ad altri tessuti.
Per questo motivo, il tendine d’Achille non tollera bene aumenti bruschi di carico o sollecitazioni prolungate senza un’adeguata fase di recupero. Imparare a conoscerne i limiti è fondamentale per chi si allena con regolarità, soprattutto negli sport a impatto elevato come la corsa, il calcio, il basket o il tennis.
Allenamenti intensi: cosa succede al tendine?
Quando si alza aumenta l’intensità degli allenamenti — che si tratti di chilometri in più, di maggiore intensità o di sedute più ravvicinate — il tendine d’Achille è uno dei primi a subire le conseguenze. A differenza del muscolo, che ha una buona capacità di adattamento e recupero, il tendine risponde più lentamente agli stimoli. Il rischio, dunque, è quello di sommare microtraumi prima che quelli precedenti siano stati del tutto riparati.
Un errore molto comune è quello di aumentare troppo rapidamente il volume o l’intensità del lavoro, soprattutto dopo un periodo di pausa. Il tendine, non ancora riadattato agli sforzi, si infiamma e comincia a dare segnali precisi: dolore localizzato, rigidità mattutina, fastidio in salita o alla ripresa del movimento dopo il riposo. In questa fase iniziale si può ancora intervenire con successo, ma se si ignora il campanello d’allarme, il processo degenerativo può aggravarsi.
Anche altri fattori concorrono a mettere sotto stress il tendine: una tecnica di corsa scorretta, scarpe troppo rigide o consumate, superfici dure, mancanza di stretching o di recupero attivo. Tutto ciò altera la biomeccanica e aumenta il carico in maniera sbilanciata, predisponendo a tendinopatie e lesioni.
Principali rischi e patologie del tendine d’Achille
Le problematiche più frequenti che interessano il tendine d’Achille sono riconducibili a due grandi categorie: le tendinopatie e le rotture.
Le prime sono più comuni e si manifestano con un’infiammazione cronica: esistono due tipologie di infiammazione cronica, ovvero la tendinopatia non inserzionale, che colpisce il corpo centrale del tendine, oppure la tendinopatia inserzionale, che colpisce il punto in cui il tendine si collega al calcagno.
Entrambe provocano dolore, gonfiore e un calo di performance che spesso porta l’atleta a modificare inconsciamente il gesto atletico, peggiorando il quadro.
La rottura del tendine d’Achille, invece, è un evento più grave ma tutt’altro che raro. Colpisce soprattutto uomini tra i 30 e i 50 anni che praticano sport amatoriali ad alto impatto, spesso senza un’adeguata preparazione fisica. Può avvenire all’improvviso, durante uno scatto, un salto o una partenza da fermo, ed è percepita come una frustata o uno “strappo” netto nella parte posteriore della caviglia. In questo caso, l’intervento chirurgico è quasi sempre necessario e il recupero è lungo.
Un altro rischio da non sottovalutare è rappresentato dalla cronicizzazione del dolore. Quando si ignora una tendinopatia in fase iniziale, il tessuto tende a degenerare e a perdere elasticità, rendendo il tendine più rigido, fragile e soggetto a lesioni. Ecco perché è essenziale riconoscere per tempo i segnali: dolore persistente, rigidità mattutina, bruciore al tatto e sensazione di calore localizzato non vanno mai trascurati.
Chi è più a rischio?
Non serve essere atleti professionisti per mettere in pericolo il tendine d’Achille. Anzi, spesso sono gli sportivi amatoriali a correre i rischi maggiori, proprio perché alternano periodi di intensa attività a fasi di inattività, senza un programma di allenamento ben strutturato. Il tendine, sottoposto a stress irregolari, fatica ad adattarsi e diventa più vulnerabile.
Tra le categorie più esposte troviamo gli over 35: con l’età, il tessuto tendineo perde elasticità, e anche movimenti abituali possono diventare potenzialmente lesivi. A rischio anche i runner che aumentano troppo in fretta chilometraggio e intensità, o che non curano il rinforzo muscolare specifico. La corsa su asfalto, le salite ripetute, i cambi di direzione e gli sprint sono tutti fattori che mettono a dura prova la struttura tendinea.
Anche alcuni sport prevedono sollecitazioni particolarmente intense: il calcio, il basket, la pallavolo, il tennis e il padel implicano frequenti accelerazioni, salti e atterraggi che coinvolgono direttamente il tendine d’Achille. Se la preparazione fisica è carente o il recupero insufficiente, l’infortunio diventa una possibilità concreta.
Non da ultimo, è importante considerare anche chi ha avuto precedenti infiammazioni o infortuni: un tendine già provato, anche se apparentemente guarito, è più esposto a recidive. Per questo motivo la prevenzione e l’ascolto del proprio corpo devono diventare parte integrante dell’attività sportiva.