Dolore al tallone: cause comuni e soluzioni

È un fastidio che molti conoscono fin troppo bene: ci si alza dal letto, si poggia il piede a terra… e una fitta pungente colpisce il tallone. Il dolore al tallone può essere occasionale o costante, localizzato o diffuso, ma una cosa è certa: camminare diventa un problema.
Il tallone, che sostiene ogni nostro passo, è una zona più esposta di altre a stress e microtraumi. Dietro a un singolo sintomo si può nascondere un ventaglio di cause, dalla più banale alla più seria.
Prendere in esame da dove viene il dolore e quando si manifesta, se durante l’appoggio, al risveglio, o magari solo dopo lunghi periodi in piedi, è fondamentale per trovare la soluzione giusta. E, soprattutto, per evitare che un fastidio trascurato si trasformi in un problema cronico.
Il dolore al tallone non è tutto uguale: sintomi e cause
Non sempre il dolore al tallone si manifesta nello stesso modo. C’è chi lo avverte appena scende dal letto al mattino, chi lo sente solo dopo una lunga camminata, chi invece prova fastidio ogni volta che poggia il piede.
Anche il punto dolente può cambiare, così come l’intensità: da una parte può essere localizzato sotto la pianta, nella zona posteriore vicino al tendine d’Achille o più lateralmente, dall’altra può manifestarsi come una semplice tensione tanto quanto una fitta acuta che costringe a zoppicare.
Uno degli aspetti più rilevanti da osservare è il momento in cui si manifesta: dolore al risveglio, durante lo sforzo fisico o in fase di riposo possono indicare cause diverse. Un altro elemento da non sottovalutare è il dolore all’appoggio: quando la sola pressione del peso sul tallone diventa insopportabile, siamo spesso di fronte a un’infiammazione o a un sovraccarico funzionale.
In molti casi, la modalità con cui si presenta il dolore può offrire un primo indizio sulla causa. Se il fastidio compare al risveglio, ad esempio, e si attenua dopo i primi passi, è probabile che si tratti di fascite plantare: un’infiammazione della fascia connettivale che si estende dalla pianta del piede fino al tallone. È uno dei disturbi più comuni e tende a manifestarsi proprio nei momenti di inattività, per poi migliorare gradualmente con il movimento.
Quando invece il dolore si concentra sotto la pianta del piede durante l’appoggio, specialmente camminando o stando in piedi a lungo, può esserci di mezzo una spina calcaneare: una piccola escrescenza ossea che si forma nel punto di inserzione della fascia plantare.
Se il dolore è localizzato nella parte posteriore del tallone, e si accentua durante lo sport o le salite, è più facile che si tratti di tendinite achillea. Questo tipo di infiammazione coinvolge il tendine d’Achille e può essere favorita da sovraccarichi, calzature scorrette o rigidità muscolare.
Altri casi, meno frequenti ma non rari, comprendono condizioni come la borsite retrocalcaneare, che provoca un dolore profondo e pulsante dietro al tallone, o il morbo di Haglund, una deformità ossea che irrita i tessuti molli e spesso si accompagna a un arrossamento visibile nella zona posteriore.
Infine, quando il fastidio è più diffuso, bilaterale o legato a un appoggio alterato nel tempo, è possibile che siano coinvolti fattori come il sovraccarico funzionale, il sovrappeso o l’utilizzo di scarpe inadeguate, che possono scatenare o peggiorare condizioni preesistenti.
Dolore al tallone: come diagnosticare le cause
Quando il dolore al tallone persiste per più di qualche giorno, tende a peggiorare o limita i movimenti quotidiani, è importante non trascurarlo. Rivolgersi a un medico, preferibilmente un ortopedico o un fisiatra, permette di chiarire la natura del disturbo ed evitare trattamenti improvvisati.
La visita specialistica parte dall’analisi dei sintomi: il medico raccoglie informazioni sul tipo di dolore, la sua localizzazione, i momenti in cui si manifesta e i fattori che lo aggravano o lo alleviano. A questo segue l’esame obiettivo, in cui si valuta la postura, l’appoggio plantare, la deambulazione e si testano eventuali punti dolenti.
In alcuni casi può essere utile ricorrere a esami strumentali come la radiografia, per individuare la presenza di una spina calcaneare o di alterazioni ossee, oppure l’ecografia o la risonanza magnetica, utili per evidenziare infiammazioni a carico dei tessuti molli, lesioni tendinee o borsiti.
Solo a questo punto, lo specialista imposterà un trattamento mirato così da evitare che il problema diventi cronico o degeneri in lesioni più gravi.
Nei casi più avanzati, la fascite plantare può evolvere in una fibrosi del tessuto o associarsi alla formazione di una spina calcaneare particolarmente aggressiva. Anche una tendinite achillea trascurata può degenerare in tendinosi, con alterazioni strutturali del tendine che aumentano il rischio di rottura parziale o completa.
Inoltre, quando il dolore porta a modificare involontariamente l’appoggio del piede, può verificarsi un compenso posturale che coinvolge caviglia, ginocchio, anca e colonna vertebrale. Il risultato è un sovraccarico diffuso che non solo complica la diagnosi, ma rende il recupero più lungo e impegnativo.
Soluzioni e trattamenti non chirurgici
La buona notizia è che nella maggior parte dei casi il dolore al tallone può essere risolto senza ricorrere alla chirurgia. Il primo passo consiste nel ridurre il carico sull’area dolente, sospendendo temporaneamente le attività che peggiorano il sintomo e introducendo semplici accorgimenti come l’uso di scarpe più ammortizzate o l’applicazione di ghiaccio dopo gli sforzi.
Nei casi di fascite plantare o spina calcaneare, plantari su misura o solette ortopediche possono fare una grande differenza, correggendo l’appoggio del piede e riducendo la tensione sulla fascia infiammata. Allo stesso modo, per chi soffre di tendinite achillea, è utile intervenire con talloniere ammortizzanti e programmi di esercizi di stretching e rinforzo.
La fisioterapia può rappresentare un’altra soluzione importante: trattamenti manuali, esercizi mirati, terapia miofasciale e allungamento dei muscoli del polpaccio sono fondamentali per favorire la guarigione. In abbinamento, si possono utilizzare terapie fisiche come le onde d’urto, il laser o gli ultrasuoni, utili per stimolare la rigenerazione dei tessuti e ridurre l’infiammazione.
Se il dolore persiste, il medico può valutare l’impiego di antinfiammatori, da assumere per via orale o sotto forma di infiltrazioni locali.