Quando intervenire chirurgicamente per gli osteofiti al ginocchio

Si chiamano osteofiti, ma molti li conoscono con un nome più comune: becchi ossei. Minuscole escrescenze che si formano lungo i margini delle articolazioni, spesso senza dare fastidio. Almeno all’inizio. Quando però compaiono nel ginocchio, che è una delle articolazioni più sollecitate del corpo umano, possono trasformarsi in un problema serio: dolore, rigidità, movimenti limitati, persino blocchi articolari.
Non tutti gli osteofiti richiedono un intervento chirurgico, anzi: nella maggior parte dei casi si affrontano con trattamenti conservativi.
Ma quando questi non bastano più e il dolore prende il sopravvento, la chirurgia può diventare una scelta necessaria.
Cosa sono gli osteofiti e perché si formano nel ginocchio
Gli osteofiti sono piccole formazioni ossee che si sviluppano lungo i bordi delle articolazioni, come risposta a una sollecitazione anomala o a un processo degenerativo in atto. In parole semplici, è il tentativo del corpo di riparare un’articolazione danneggiata, producendo nuovo tessuto osseo. Un meccanismo di difesa, quindi, che però può diventare controproducente.
Le cause possono essere numerose: in patologie come l’osteoartrosi o l’artrite reumatoide sono dei sintomi molto frequenti, ma non sono le uniche situazioni in cui queste escrescenze si formano. Traumi pregressi e infiammazioni croniche possono innescare il meccanismo che genera gli osteofiti, tanto più che le superfici articolari del ginocchio sono soggette a forti carichi e movimenti continui.
A volte si formano lentamente e restano silenziosi, senza dare sintomi. Altre volte, invece, la loro crescita compromette la libertà di movimento, innescando un circolo vizioso di dolore e limitazione funzionale.
Quando gli osteofiti non danno segni evidenti, può succedere che si scoprono per caso, magari durante una radiografia effettuata per altri motivi. Ma quando diventano sintomatici, il ginocchio inizia a mandare segnali piuttosto chiari.
Il primo sintomo è il dolore, che spesso compare durante i movimenti e si intensifica con l’attività fisica o dopo lunghi periodi in piedi. A questo si aggiunge una crescente rigidità articolare, che rende difficile piegare o estendere completamente la gamba.
Non è raro avvertire scricchiolii o una sensazione di attrito interno, come se qualcosa “grattasse” nei movimenti. Nei casi più avanzati, gli osteofiti possono ostacolare del tutto la flessione, provocando veri e propri blocchi articolari.
Anche il gonfiore ricorrente o una risposta infiammatoria costante, nonostante le terapie, possono essere indizi importanti.
Quando questi sintomi iniziano a incidere sulla vita quotidiana — dal salire le scale a fare una semplice passeggiata — è il momento di approfondire.
Quando il trattamento conservativo non basta più
La chirurgia non è mai la prima opzione. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli osteofiti al ginocchio si affrontano con un approccio conservativo: fisioterapia mirata, farmaci antinfiammatori, infiltrazioni intra-articolari e modifiche dello stile di vita sono spesso sufficienti a contenere i sintomi e rallentare la progressione. Per esempio, può essere consigliabile perdere peso e ridurre le attività fisiche ad alto impatto.
Ma quando il dolore diventa cronico, le terapie non portano più sollievo e la funzionalità dell’articolazione si riduce al punto da interferire con le normali attività quotidiane, allora è il momento di riconsiderare la strategia.
L’intervento chirurgico diventa una opzione importante quando l’obiettivo non è più solo alleviare il dolore, ma restituire al ginocchio la sua capacità di movimento e sostenere una buona qualità di vita. In questi casi, insistere troppo a lungo con trattamenti inefficaci può peggiorare la situazione.
In questi casi, decidere se intervenire chirurgicamente non dipende solo dalla presenza degli osteofiti, ma da una valutazione complessiva della situazione clinica.
Il primo passo è sempre una visita specialistica ortopedica, nella quale molto probabilmente verranno prescritti esami di imaging, quali radiografie, risonanza magnetica o TAC, che permettono di valutare l’entità delle escrescenze ossee e il loro impatto sulle strutture articolari.
Durante la visita poi, verranno analizzati elementi quali la persistenza del dolore nonostante le terapie, la limitazione funzionale significativa, eventuali blocchi articolari e un peggioramento progressivo delle condizioni del ginocchio. Anche il grado di usura della cartilagine e la presenza di altre patologie, come l’artrosi avanzata, verranno tenuti in considerazione nella decisione.
L’operazione, dunque, non deriva dalla sola presenza di osteofiti, ma dal fatto che quelle formazioni ossee stanno compromettendo la vita di tutti i giorni, impedendo movimenti fondamentali e resistendo a ogni altro tipo di trattamento.
Le tecniche chirurgiche per la rimozione degli osteofiti
La tecnica più utilizzata nei casi meno gravi è senza dubbio l’artroscopia. Si tratta di una procedura mini-invasiva che consente di ripulire l’articolazione inserendo una microcamera e strumenti chirurgici attraverso piccole incisioni.
L’artroscopia permette di rimuovere selettivamente gli osteofiti, ridurre l’irritazione dei tessuti molli e migliorare la mobilità del ginocchio con tempi di recupero generalmente rapidi.
Nei casi più complessi, per esempio quando gli osteofiti sono associati a un’artrosi avanzata o a deformazioni dell’articolazione, si può valutare un intervento più strutturato, come un’osteotomia o, nei casi estremi, l’impianto di una protesi.
L’osteotomia (letteralmente: taglio dell’osso) è una procedura chirurgica durante la quale si taglia un osso per migliorare la funzionalità dell’articolazione modificando la forma dell’osso stesso o correggendo un allineamento. In questo caso, l’osteotomia ha proprio la funzione di rimuovere la parte di osso in eccesso.
La scelta della tecnica dipende da molti fattori: età, grado di usura articolare, attività quotidiane del paziente e aspettative sul recupero.
Tempi di recupero dopo la rimozione degli osteofiti
I tempi di recupero dopo l’intervento di rimozione degli osteofiti variano a seconda del tipo di operazione scelta. Dopo un’artroscopia semplice, il ritorno alle attività quotidiane può avvenire nell’arco di poche settimane, a condizione che si segua un programma di riabilitazione personalizzato.
Nei primi giorni, sarà affrontata la gestione del dolore e del gonfiore, ma già dopo poco si inizierà a lavorare sul recupero del movimento e sul rinforzo muscolare.
Nel caso di interventi più invasivi, come un’osteotomia o l’impianto di una protesi, i tempi si allungano e la riabilitazione diventa più strutturata, spesso con il supporto di un fisioterapista per diverse settimane o mesi.
In ogni caso, la fase post-operatoria è fondamentale quanto l’intervento stesso. Seguire con costanza il percorso di riabilitazione aiuta non solo a recuperare mobilità, ma anche a evitare recidive e a ristabilire un buon equilibrio articolare.